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Come nasce un nome?

Ho iniziato a creare nomi – di aziende, di prodotti, di marchi di prodotto – molti anni fa, senza neanche sapere che stavo facendo “naming”. Io, formata come garzona di bottega in un’agenzia locale ma di grande respiro, nipote illegittima del grande Marco Mignani perché istruita da un suo pupillo, iniziai con poca teoria ed esperienze a go-go. Buttata nel fuoco, come si suol dire. E i nomi nacquero, prima sbagliati, poi azzeccati per un mezzo miracolo, poi davvero ben tagliati (e a volte taglienti).

Ma veniamo al sodo: la promessa nel mio titolo. Come nasce un nome?

Io non ho un metodo e, dico la verità, se ne esistesse uno ferreo e infallibile non mi fiderei. I nomi sono come le anime e le freddure: nascono per corrente indotta e luce improvvisa. I nomi nascono da un processo creativo per molti versi inspiegabile, perché nascono in ultima sintesi dal pensiero divergente. Il pensiero rigoroso fa il grosso del lavoro e lui, il pensiero divergente, si prende tutti i meriti. Tu percorri diligentemente la strada giusta come da indicazioni mentre lui arriva a destinazione prima e meglio di te da quella sbagliata. 

Ma forse credo soltanto di non averlo, un metodo, perché poi se ci penso mi rendo conto di procedere sempre più o meno in questo modo.

Il mood

Inizio con l’immergermi nel mondo di colori, sapori, suggestioni e stile del prodotto da battezzare. Cerco storie, curiosità, paesaggi, e intanto scrivo parole che poi me li rievochino. Se fosse un’auto, che auto sarebbe? Spesso può diventare: e se fosse un personaggio storico? Un film? Un personaggio Disney? Un animale?

I valori e l'unicità

Quali valori, che potranno fare la differenza nella narrazione al consumatore finale, si porta dietro il mio prodotto? E quali di essi lo differenzieranno dalla concorrenza? E intanto scrivere, segnare, appuntare. Io lo faccio a mano perché mi piace nel momento del pensiero puro essere libera di sporcare la pagina: in obliquo, in basso o in alto, ripassando 5 volte una lettera, con un ghirigoro improvvisato o un corpo più grande se mi va.

Il colpo di testa e di coda

Adesso viene il bello e l’inspiegabile: azionare la testa ed invocare il famoso pensiero divergente per scovare una serie di nomi papabili; magari non perfetti ma da cui partire. Buttare giù, senza paura di essere banali, perché è proprio dallo smascheramento della banalità che nasce l’originale. E questo si fa con la testa. 

Se invece siete arrivati a questo punto e, mentre impegnati nelle due fasi precedentemente citate, avete fatalmente già individuato qualcosa di originale e calzante, beh, quello è il colpo di coda. Del pensiero divergente nel suo perfetto habitat.

Il dominio

Ovvero: il guastafeste. Perché per quanto i nomi che avete individuato fino ad ora siano splendidi e originali e potenzialmente adeguati, occorre che anche il dominio su cui poggerà il futuro sito/mondo internet del brand – e con esso tutta la comunicazione on line – sia disponibile. Se è un nome composto c’è sempre l’espediente del trattino (-) o, nel caso sia composto da almeno 3 parole, dell’acronimo; nel caso sia un nome semplice ma un po’ abusato, è possibile accompagnarlo con una definizione merceologica. Ad esempio, se chiamerete Lola la nuova collezione di t-shirt (ma io vi consiglio Lolà), e lola.it è già occupato, aggiungete: lolacouture, lolatrend, mylola.

Il check

Individuato il nome (o la serie di nomi) verificate comunque che non possieda un qualche peccato originale, tipo: accertatevi che sia facile da leggere e che non ci siano equivoci sulla sua pronuncia; che non sia troppo lungo, così da consentire all’occhio del vostro futuro consumatore di riconoscerlo con uno sguardo; che il suo suono non evochi associazioni negative; che sia memorabile (e memorizzabile). E naturalmente che non sia abusato: cercate su Google, nel database della Camera di Commercio o dove volete, se il “vostro” nome è già utilizzato da un’altra realtà aziendale o commerciale. Il fatto che esistano già un’azienda o un prodotto con lo stesso nome in giro per il mondo non significa per forza che siano oggetto di registrazione, o che il nome non sia utilizzabile, tuttavia questi sono dei deterrenti che fanno pensare. Voi, sempre e comunque, puntate all’originale tout court. 

Buon lavoro!

Chiara Bacci

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